Vogliamo innanzitutto precisare che per molti anni in passato in mare ha predominato il principio di libertà.

Sempre negli anni passati c’è anche stata la pretesa degli stati di assicurarsi il controllo delle acque adiacenti il proprio territorio e anche se c’è voluto molto tempo si è giunti alla definizione delle varie zone denominate “MARE TERRITORIALE”, “PIATTAFORMA CONTINENTALE “, “ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA” ed infine “ACQUE INTERNAZIONALI”.

Vediamo ora quali zone rappresentano e a cosa danno diritto ognuna di queste definizioni.

• MARE TERRITORIALE; prassi internazionale riconosciuta alla fine del 1800, è la zona di mare fino alle 12 miglia marine dalla costa, sottoposta al regime dello stato costiero che la riguarda. La convenzione di Montego Bay ha infatti stabilito il diritto di sovranità dello stato costiero in queste acque. Il potere esercitato dallo stato in quest’area ha però due limiti che deve rispettare. Il primo è il diritto a navi straniere di attraversare pacificamente questa zona, il secondo è il limite all’esercizio della giurisdizione penale per i fatti che avvengono a bordo della nave che sta attraversando, purché non creino conseguenze all’ambiente esterno e al normale regime di vita delle popolazioni sul territorio. Rimane comunque il diritto dello stato di vigilare fino alle 24 miglia costiere. La sovranità dello stato nelle acque del mare territoriale è regolamentata dall’art. 2 della Convenzione di Montego Bay

• PIATTAFORMA CONTINENTALE; enunciata inizialmente, alla fine della seconda guerra mondiale, dal presidente degli Stati Uniti d’America, Harry Truman. La PIATTAFORMA COSTIERA rappresenta quel prolungamento di terra ferma che si inoltra in mare, a volte per centinaia di miglia marine, a profondità costante (circa 200 metri) prima di scendere verso gli abissi. Lo stato costiero di appartenenza ne ha il controllo esclusivo in giurisdizione e per lo sfruttamento delle risorse marine. Le regole della Piattaforma Continentale sono codificate agli articoli 76 e 77 della Convenzione di Montego Bay.

• ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA; si estende fino a duecento miglia marine dalla costa. Agli inizi degli anni Ottanta, su pronunciamento degli stati in via di sviluppo si è stabilito l’istituto di diritto dello stato costiero per quanto concerne lo sfruttamento delle risorse economiche che si trovano in questa zona. Di questa zona se ne occupano gli articoli 55 e seguenti della Convenzione di Montego Bay.

• MARE INTERNAZIONALE; è l’unica zona dove rimane il principio di libertà nei mari. Quindi tutti gli stati hanno egual diritto di navigazione o di effettuare opere come la posa di cavi sottomarini, nonché uguale diritto alla pesca ecc. In considerazione, però, che le risorse minerarie del fondo e del sottosuolo sono esauribili, è stabilito che queste non possono essere sfruttate da nessuno stato in quanto patrimonio comune dell’umanità.

Tornando alla PIATTAFORMA CONTINENTALE, si è avuta contestazione da parte di quei paesi dove in prossimità della costa si presentano subito fosse profonde e quindi con interruzione della su citata piattaforma con presumibile beneficio da parte di tutti gli stati. Tale opposizione trova giustizia e risoluzione grazie alla ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA che consente comunque lo sfruttamento delle risorse economiche fino a 200 miglia marine dalla costa, come sopra indicato, da parte dello stato costiero.

Ma cosa succede se la PIATTAFORMA CONTINENTALE si dovesse estendere andando oltre la ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA che ha per limite le duecento miglia marine dalla costa? A regolamentare tale situazione interviene la Convenzione di Montego Bay all’art. 82 stabilendo che una parte di quanto ricavato dallo sfruttamento in tale estensione venga dallo stato costiero versato “all’Autorità Internazionale dei fondi marini”.